Shiatsu in gravidanza

05.06.2017

Shiatsu in gravidanza: un'esperienza

Elisa arriva da me per un mal di schiena comparso da alcune settimane, da quando è entrata nel sesto mese di gravidanza. Non riesce a stare seduta e può dormire solo sul fianco sinistro, sostenuta da due cuscini.

"Mi fa male anche se respiro" mi dice, massaggiandosi la zona lombare. La guardo in viso, e mi accorgo che più che stanca è sfinita.

La faccio accomodare sul materassino di gommapiuma, sul quale ho steso un plaid di lana: è pieno inverno, e voglio che stia comoda e al caldo.

Lei si distende con grande fatica, e il solo movimento di adagiarsi le procura dolore.

Sdraiata sul fianco sinistro, con un cuscino tra le ginocchia e un altro sotto la testa, si rannicchia quasi subito in posizione fetale, per quanto la sua condizione può consentirle.

Le osservo la pancia: è rotonda ma ha qualcosa di contratto, e immagino la bimba che porta in grembo rannicchiata dentro di lei nella stessa posizione. Probabilmente contratta anche lei.

Le massaggio la schiena, per sentire sotto le mani quali punti sono tesi: ma ho la sensazione che sia contratta da per tutto, dalla cervicale alla parte lombare. Come se indossasse una pesante corazza che la sta schiacciando.

Dopo qualche minuto lei sembra rilassarsi, ma non voglio che si addormenti: con il mio tocco le comunico "stai sveglia, Elisa, ascolta il tuo corpo, lasciagli spazio". Le massaggio i piedi, e sento che il suo respiro cambia, come a volersi approfondire.

Poi, finalmente, con un grande sospiro si gira sulla schiena, lasciando liberi i polmoni di aprirsi: la sua pancia sporge rotonda e libera, e il suo repiro adesso è pieno, profondo.

Qualcosa dentro di me mi sospinge con fermezza gentile verso di lei: faccio giusto in tempo ad accoglierla tra le mie braccia mentre lei si tira su e si mette seduta a gambe incrociate. Poi si appoggia a me, e irrompe in un pianto improvviso.

La sorreggo, e sento quel pianto toccare qualcosa anche dentro di me, lo riconosco.

Abbraccio Elisa e abbraccio il suo pianto: la aiuto a distendersi ancora, quando i singhiozzi sono quasi finiti. Le resto accanto, sorreggendole la schiena, e la cullo come se la bambina fosse lei. I singhiozzi si calmano, la schiena si distende, il respiro si tranquillizza.

Il mal di schiena di Elisa durò ancora per qualche settimana, poi cessò. Man mano che continuava con i massaggi potevo vedere non solo la sua pancia crescere, ma il suo respiro liberarsi. Il pianto continuava, ma non così intenso come la prima volta.

Non mi disse mai cosa la tormentava, né mai glielo chiesi.

L'importante era solo essere lì, con lei, mentre il dolore si liberava e si scioglieva nel pianto, lasciandole il petto e la schiena liberi.

A volte un dolore è "senza nome", a volte non è importante dargli una spiegazione, o trovargli una causa, una ragione: può restare "anonimo", e nonostante questo, essere riconosciuto e lasciato andare.

© 2017 Marina Del Naia
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